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Stefano Leo, la confessione choc: «Ero triste, volevo uccidere una persona felice»

4400395_1155_stefano_leo_fermato_marocchino (1)L’omicidio di Stefano Leo, ucciso con una coltellata alla gola a Torino qualche mese fa, fece davvero parlare: un vero e proprio giallo, che però si è risolto ieri sera dopo che un italo-marocchino di 27 anni, Said Machaouat, si è costituito confessando di essere stato lui ad ammazzare il giovane. Il procuratore vicario di Torino, Paolo Borgna, usa parole agghiaccianti: «Il movente che ci viene raccontato fa venire freddo alla schiena», ha detto il magistrato.

Nato in Marocco nel gennaio 1992, Machaouat era arrivato in Italia da bambino. Nel 2015 si era separato dalla moglie ed era stato seguito dagli assistenti sociali. Aveva un precedente per maltrattamenti in famiglia. Dopo aver perso il lavoro, negli ultimi mesi aveva vissuto a Ibiza e in Marocco, per poi tornare a Torino, senza casa e lavoro. Non risulta avesse problemi psichiatrici. «Volevo ammazzare un ragazzo come me – avrebbe detto il giovane ai pm Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli – togliergli tutte le promesse, i figli, toglierlo ad amici e parenti». «Ho scelto, tra tutte le persone che passavano, di uccidere questo giovane perché si presentava con un’aria felice. E io ho scelto di uccidere la sua felicità», avrebbe aggiunto, scrive il Corriere della Sera.

«Mi sentivo braccato dai carabinieri. Non volevo commettere altri guai», avrebbe detto Machouat, che non conosceva la vittima, e pare che fosse depresso per la separazione dalla ex moglie. Ha spiegato che da tempo, a causa delle sue vicissitudini, non riusciva a uscire dalla depressione e dalla sofferenza. «La cosa peggiore – avrebbe detto a proposito del suo passato – è sapere che il mio bimbo di quattro anni chiama papà l’amico della mia ex compagna». «Anche sul movente – ha aggiunto il procuratore Borgna – sono in corso accertamenti». Dopo la confessione sono in corso ulteriori indagini. L’arma del delitto, un coltello da cucina nascosto in una cassetta dell’Enel e fatto ritrovare dal fermato, sarà inviata ai Ris di Parma per ulteriori accertamenti tecnici.

Stefano, un ragazzo di 34 anni, fu sgozzato in riva al Po la mattina del 23 febbraio scorso. Originario di Biella, una laurea in Giurisprudenza, Leo viveva dallo scorso novembre a Torino, dopo un lungo periodo trascorso all’estero, tra Cina, Giappone e Australia, era commesso in un negozio d’abbigliamento del centro. «Siamo ancora increduli. Quello che è accaduto a Stefano non deve più succedere a nessuno», dicevano ancora ieri i suoi amici, un centinaio di palloncini rossi liberati in cielo, dal luogo del delitto, per chiedere «verità e giustizia».

VERIFICATA CONFESSIONE «Gli indizi raccolti hanno permesso di verificare in gran parte la confessione, ma il lavoro investigativo non si può dire concluso», ha detto il colonnello Francesco Rizzo, comandante provinciale dei carabinieri di Torino, che ha fatto il punto sulle indagini. «Già la scorsa notte e questa mattina – aggiunge il colonnello Rizzo – abbiamo cristallizzato la presenza del presunto omicida sulla scena del crimine e stiamo ricostruendo passo passo tutti i suoi spostamenti».

La mattina del 23 febbraio, giorno del delitto, alcune telecamere hanno ripreso il giovane fermato in piazza Vittorio, da dove è poi sceso ai Murazzi. Da lì ha raggiunto il Lungo Po Machiavelli, luogo del delitto. «Il fermato ha ammesso di aver avuto una discussione con una persona incontrata sul posto, seduta su una panchina, che è il testimone da noi sentito», aggiunge il colonnello Giuliano Gerbo, comandante del Nucleo operativo dei carabinieri di Torino. Il coltello utilizzato è stato nascosto in piazza d’Armi perché lì si trova il dormitorio pubblico dove il fermato dormiva. «La paura di poter riprendere quel coltello e compiere altri gesti lo ha portato a costituirsi», sostiene il colonnello Rizzo.

Stefano Leo, la confessione choc: «Ero triste, volevo uccidere una persona felice»ultima modifica: 2019-04-01T16:23:53+02:00da giulia7517
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